Apre oggi la rubrica del Centro tennis Argenta “Intervista al giocatore”. Un viaggio nella storia tennistica e non dei protagonisti del tennis argentano. Oggi ve ne presentiamo uno che può essere considerato un senatore dello spogliatoio dopo tanti anni di onorato impegno verso la maglia argentana da giocatore, ma non solo…

Nicolò Tirapani…un nome importante nella storia di questo tennis club. Un ragazzo che era già presente su questi campi prima del fallimento, costretto ad allontanarsi e poi il primo a tornare quando si sarebbe trattato di far tornare grande il C.T.A. . Quegli anni bui sono ormai lontani, ma è stato un percorso lungo ed estremamente faticoso…quanto senti di aver dato a questa società in questi anni?

“ Spero di aver trasmesso tanto sia dentro che fuori dal campo. All’interno del circolo rivesto tanti ruoli, tra i quali il più importante è indubbiamente quello di allenatore dove cerco quotidianamente di trasmettere quello che questo bellissimo sport mi ha insegnato. Mi farebbe piacere che nei ragazzi più giovani si venisse a creare quell’entusiasmo e quei valori che sono stati alla base del nostro percorso come squadra in questi anni, grazie all’amicizia che ci ha sempre unito.

Andiamo a prendere, adesso, il Tirapani giocatore. Da dove ha origine la tua storia tennistica. A che età hai iniziato a giocare e chi ti ha spinto?

“  Non mi ha spinto nessuno a giocare. Ho provato diversi sport di squadra, ma nessuno mi dava le emozioni di stare sul campo da tennis e vincere da solo senza l’aiuto di nessuno…è una sensazione impagabile. Avevo già iniziato a giocare sotto la vecchia gestione, ma ho veramente cominciato a giocare a tennis solo all’età di 17/18 anni.

A livello agonistico, dopo la “gavetta” nella quarta categoria, è finalmente arrivato il salto che due anni fa ti ha portato 3.5. Per te deve aver rappresentato una grossa soddisfazione e al tempo stesso una rivincita nei confronti di coloro i quali ti dicevano che non ce l’avresti mai fatta. Inoltre, ti sei tolto numerose soddisfazioni anche in questa nuova realtà. Quale pensi sia stato l’aspetto che maggiormente hai dovuto modificare una volta fatto questo salto?

“ Più che dal punto di vista tennistico, il salto di qualità è stato mentale perché sentivo la fiducia dei compagni e del circolo in me. Prima andavo in campo spesso perdente mentalmente, mentre adesso, seppur allenandomi meno, ho ottenuto migliori risultati perché ero sicuro. Ho avuto la fortuna di allenarmi con un gruppo di ragazzi che sono cresciuti insieme a me ed è stato un bellissimo percorso…è anche grazie a loro che sono riuscito ad ascoltare meno le voci critiche della gente che mi consideravano un giocatore di poco valore. Queste critiche sono stato capace di tramutarle in carica positiva, quindi ritengo che il salto sia stato maggiormente mentale che tennistico”.

Nicolò Tirapani non è stato solo giocatore, ma anche capitano della prima squadra maschile. Un ruolo importante e responsabilizzante, ma allo stesso tempo delicato dove non sono mancate situazioni difficili da gestire. Un capitano – giocatore è un ruolo di difficilissima gestione…quanto ti ha dato questa esperienza? Ti ha fatto crescere come persona?

“ Mi ha indubbiamente fatto crescere come persona perché devi sempre ascoltare gli altri. La cosa più complicata è essere capitano – giocatore perché molte volte la scelta è di auto metterti in campo, perciò la responsabilità che hai sulle spalle è doppia perché con la mia scelta ho dovuto tenere giù un giocatore e un amico. Tutti vogliono sempre giocare, ma non è facile dire a una persona che ti è vicina che magari non è il suo momento e si deve sedere in panchina. E’ stato un ruolo che mi ha permesso comunque di togliermi diverse soddisfazioni e ha sicuramente giocato un ruolo importante nel mio percorso di crescita”.

Ci sono stati momenti, sfortunatamente, anche poco felici. Il riferimento è relativo alla passata stagione dove non sei mai riuscito a trovare fiducia in te stesso e nel tuo gioco. Quali erano le tue sensazioni quando ti accorgevi che le cose continuavano ripetutamente a non funzionare?

“ L’anno scorso ho passato momenti negativi fuori dal campo che me li portavo con me quando andavo a giocare le partite. Da questi momenti ho trovato una rinnovata energia per ricominciare e il risultato più bello è quest’anno dove sono riuscito a ritrovare quello che avevo perso l’anno passato, ovvero fiducia e decisione in me e nel mio gioco. Sicuramente mi sono allenato meglio, ma la differenza l’ha fatta anche in questo caso l’aspetto mentale perché l’anno scorso ero molto scarico mentalmente. Reagendo ai momenti negativi, ho trovato coraggio e forza per tornare a giocare con serenità e sono molto contento per questo”.

Il momento più alto della tua carriera?

“ Il momento più alto veramente è stato due anni fa, quando ho realizzato il giocatore che sarei potuto diventare. Ho vinto due tornei che mi hanno dato una fiducia che mi dura tutt’ora perché sono momenti che ti porti dentro e che ti fanno crescere diametralmente. Quando in pochi avevano realmente fiducia in me, riuscire a centrare un’annata cosi positiva mi ha dato una carica pazzesca, quindi ritengo che il 2014 sia stato l’anno della svolta…non il più alto dal punto di vista tennistico, ma quello in cui mi sono accorto chi era davvero Nicolò Tirapani”.

E quello meno soddisfacente?

“ Assolutamente l’anno scorso. Non sono mai riuscito a sbloccarmi e a trovare quella partita che mi permettesse di entrare in “stagione”. Una delle mie caratteristiche fondamentali è di stare li dall’inizio alla fine e la passata stagione ho perso partite che non dovevo perdere con gente contro la quale non dovevo perdere proprio perché non riuscivo ad essere centrato per un match intero”.

Se dovessi sfogliare l’album dei ricordi, quale partita ritieni indimenticabile e più bella?

“ Le vittorie più gratificanti sono state quelle delle finali nei tornei perché sono quelle che maggiormente hanno significato a livello personale. La classifica è importante, ma la gioia di vincere un torneo è superiore a tutto…vuol dire essere al di sopra di tutti”.

E quella meno piacevole da ricordare?

“ Le due sconfitte più dure da digerire sono state entrambe ad Argenta. La prima è stata una battaglia di tre ore passate finita con i crampi e soprattutto con l’amaro in bocca, mentre la seconda è relativa al campionato Palmieri dove ho perso avendo sei match point consecutivi…quella era una partita estremamente importante anche dal punto di vista statistico perché mi avrebbe dato molti punti. E’ stata dura da mandar giù. L’anno scorso erano partite brutte e nemmeno lottate….era una sensazione sgradevole”.

E adesso arriviamo al presente. Un presente che vede la squadra maschile alla ricerca di quella serie C che l’anno scorso è scivolata dalle mani per un nulla. Un gruppo unito, dove l’età non esiste e la parola chiave è amicizia, che merita questa promozione. Quali sono i tre aggettivi per agguantarla?

“ La prima parola chiave è coesione. Ci deve essere affiatamento tra di noi. Motivazione…una cosa che non deve mancare mai se vogliamo raggiungere questo obiettivo storico. Questa squadra è composta da tutti lavoratori, giocatori che sudano la maglia e ciò che essa rappresenta, perciò il sacrificio è la terza parola chiave. Dovremmo sudare questa serie C”.

Rimanendo sempre in capitolo squadra, ci fai una passerella dei tuoi compagni. Elencali uno ad uno con una rapida descrizione umana e tennistica.

“ Vorrei iniziare da Fabio (Felicetti, ndr.). E’ stato l’innesto fondamentale della nostra squadra, il nostro numero 1 ormai da tre anni. Un uomo che ha dato tanto a ognuno di noi sia dal punto di vista tennistico e non perché è stato un po’ il nostro “papà” all’interno del circolo. Ci ha trasmesso insegnamenti importanti e significativi. Felicetti è un “virus”…un giocatore di un’innata intelligenza tattica che ti attanaglia dal primo momento che entri in campo e se non riesci a rompere la ragnatela che ti tesse addosso, non hai vie di fuga. Un giocatore atipico che abbiamo avuto fortuna ad incontrare. Arriviamo ora a Rolando (Binelli, ndr.), acquisto di due anni fa. Era il pezzetto mancante del puzzle perché mancava solo lui per completare lo schieramento argentano; siamo nati insieme tennisticamente, poi ci siamo separati per un po’, fino a riprenderci qui dove tutto è iniziato. Lui era la persona che ci mancava e che ci serviva sotto tutti gli aspetti perché è stato di grande esempio anche per la crescita dei nostri ragazzi più giovani grazie alla sua esperienza. Dal punto di vista del gioco, è un atleta che apprezzo molto per due ingredienti che non gli sono mai mancati: intensità e grinta. Ma la cosa che apprezzo di più di Rolando è la sicurezza che mi trasmette…l’uomo di cui mi fido maggiormente perché indispensabile per i nostri equilibri. Poi abbiamo il nostro piccolo “Roger”, il maestro Giorgio Manzoni. Io e lui siamo partiti nel 2011 da soli e adesso siamo ancora qui insieme. E’ un giocatore che se anche non gioca da un anno e mi da la sua disponibilità per essere schierato, io lo metterei in formazione perché ho una fiducia smisurata nei suoi confronti. Trovo che sia una persona che meriti considerazione per quello che ha fatto in tutti questi anni…è stata la figura maggiormente rilevante all’interno della società e lo considero un cardine del nostro progetto. Riccardo Venturini. Cosa dire di Richi…gli voglio un gran bene e penso possieda un gran tennis. Deve solo riuscire a gestire meglio i suoi picchi di rendimento sia verso l’alto che verso il basso perché è sempre stato molto altalenante. L’anno scorso è stato protagonista di un bellissimo campionato a squadre, mentre due anni fa ha steccato in diverse occasioni. Ritengo che una volta che avrà trovato il suo equilibrio, sarà un giocatore che non potrò mai tenere giù dalla nostra formazione perché possiede i mezzi per diventare fortissimo. Poi c’è “Lelli” (Brunelli Elia, ndr.), il mio fratellino. Io sono contentissimo di quello che è diventato come giocatore perchè quando tempo fa era più piccolo e già ci allenavamo insieme speravo lui potesse diventare chi è ora. Non sono mai stato suo maestro in campo , ma ritengo di aver giocato un ruolo importante nella sua crescita e vederlo ora cosi mi da una soddisfazione incredibile. Anche se ha avuto difficoltà a squadre l’anno scorso, quando si tratta di giocare i campionati invernali non ha mai steccato una partita e quest’anno ha trovato fiducia anche in D1 fin dall’inizio, perciò continuerò a contare molto su di lui e spero che realizzi i suoi obiettivi”.

Una bellissima descrizione. Ultima domanda…voglio chiedere a Nicolò Tirapani quali sono i suoi obiettivi per la stagione corrente.

“ Il mio desiderio è quello di arrivare ad avere la classifica che non ho mai avuto, ovvero la più alta. Sono stato massimo 3.4 e salendo a luglio, lecito sperare in qualcosa di più. Trovo, tuttavia, che la soddisfazione maggiore sarebbe centrare la serie C assieme ai miei compagni. A livello personale, spero che la mia crescita non si fermi mai e che possa proseguire sui binari della fiducia e del lavoro”.

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